da “Llave de la Modulacion”
(Madrid 1762)
Nel 1716 François Couperin pubblica a Parigi “L’Art de Toucher le Clavecin”, ovvero quel conciso e celeberrimo metodo contenente otto Preludi straordinariamente belli, oltre che tecnicamente utilissimi; meno di mezzo secolo più tardi risponde da Madrid Padre Antonio Soler, dando alle stampe nel 1762, per i tipi di Joachin Ibarra, un ponderoso trattato di ben 272 pagine (”Llave de la Modulacion”), che ospita a sua volta – a chiudere il X ed ultimo capitolo – otto Preludi per strumento da tasto.
Questo genere di Preludio, stando a ciò che si evince dal linguaggio spinoso e a tratti ambiguo di Padre Soler, pur mantenendo una sua indubbia valenza esecutiva di base, si pone da un lato come studio di composizione, dall’altro come esercizio di improvvisazione: categorie tutte più che pertinenti all’epoca nella quale questa opera è stata concepita e alla sua estetica.
In tal senso il termine stesso “arbitri”, tanto largamente usato nel testo musicale, è forse quello più rappresentativo in ordine a una tipologia di formazione incentrata in realtà più sulla prassi che non sullo studio meramente teorico.